Consiglierei a tutte le mamme e i papà di frequentare un corso di acquaticità neonatale solo per poter assaporare il contatto pelle a pelle con il proprio bambino avvolti nell’abbraccio reciproco immersi nell’acqua. Abbraccio che, al di là dei tempi poco propensi a tale pratica, rimane un gesto di primaria importanza per lo sviluppo delle funzioni emotive e cognitive del neonato ma anche del genitore stesso. L’abbraccio toglie la paura e dona sicurezza; ancor di più in un ambiente diverso come lo è l’acqua. Essa pur rimanendo elemento fondamentale per la nostra crescita all’interno del grembo materno e per la nostra vita in seguito, ci diventa estranea appena veniamo al mondo. In acqua insieme alla mamma, ma negli ultimi anni fortunatamente anche con molti papà, il piccolo ritrova quelle sensazioni di accoglienza e protezione che percepiva nel pancione. Imparando a riprendere confidenza con questo elemento che è fonte di energia e sviluppo durante tutto il periodo di endogestazione. da estranea l’acqua verrà accettata e non farà più paura. Nella vita frenetica che siamo ormai abituati a vivere, l’ora di acquaticità diventa un’oasi dove le coccole e il contatto fisico sono l’unica priorità. Mi piace vedere questi genitori emozionati che accompagnano il loro piccolo in questa nuova esperienza, con tutte le loro aspettative, paure, dubbi e a volte anche presunzioni. E mi piace guidarli in questo momento meraviglioso dove è il genitore che impara a far vivere il proprio cucciolo la realtà dell’acqua in maniera spontanea, libera e positiva. Tutti i bambini hanno le stesse potenzialità per poter nuotare da soli per piccoli tratti, già a partire dai 16/18 mesi, quello che fa la differenza è l’atteggiamento che il genitore ha in piscina. I bimbi vivono le nostre paure e le nostre ansie, così come la gioia e la tranquillità. Stare in acqua divertendosi, amando le immersioni, che sono croce e delizia di questi corsi, è l’unico modo per creare dei” piccoli pesciolini che esplorano i fondi marini”, cercando e vedendo la mamma che li aspetta a braccia aperte e che li riempie di baci e di coccole dopo l’apnea acquatica. Naturalmente è fondamentale e imprescindibile adottare la giusta metodologia di insegnamento, perché errori impressi nella memoria motoria diventano poi problematiche da correggere quando si insegneranno in futuro i primi elementi delle varie nuotate. L’approccio a questi corsi inizia di solito con i 4 mesi compiuti, ma si può partire quando si vuole. Le fasce normalmente sono suddivise dai 4 agli 8 mesi, dagli 8 ai 12, dai 12 ai 18 e dai 18 ai 36. Ogni fascia d’età è caratterizzata da specifiche attività ludiche di lavoro, studiate a seconda delle capacità motorie e psichiche del neonato, dove, interagendo con lui e divertendosi, si raggiunge l’obiettivo finale che è l’autonomia in acqua. Tuffarsi dal bordo e raggiungere il papà a pochi metri con il sorriso facendo finta di essere un super eroe, per il bambino è un gioco ma per la realtà è la sicurezza di non aumentare le tristi statistiche degli annegamenti infantili, che purtroppo ancora oggi, sono tra le prime cause di morte nei bambini dopo Hiv e meningite. Nell’abbraccio pelle a pelle in acqua, così come nella vita, c’è tutta la forza della sicurezza che rimarrà nel nostro bambino anche quando non sarà più tra le nostre braccia.

Daniela Giuriato
Insegnate di pilates ed istruttrice di nuoto