Maggio ha deciso di fare un regalo a chi non si sentiva ancora pronto per la prova costume, donandoci un mese piuttosto autunnale e quindi ancora al riparo dall’esibire nudità tardo primaverili. Ma al di là della forma estetica, sicuramente da non trascurare, la salute della nostra pancia e nella sua evoluzione della forma, in addominali scolpiti, non dipende solo dall’ esercizio fisico, ma viene soprattutto dall’interno. Infatti un elemento che unisce gli uomini di ogni epoca e latitudine è la consapevolezza che la salute delle viscere sia intrecciata al benessere dell’individuo. Ogni cultura nei secoli ha posto l’attenzione proprio su questa parte, oserei dire magica, del nostro corpo. Nella medicina tradizionale cinese l’area dell’ombelico ospita lo xia dan tian, ovvero la sede dell’energia vitale che si irradia in tutto il corpo. Nella disciplina taoista, il più importante dei 3 punti vitali, il dan tian, è proprio quello a livello della pancia ed è chiamato la “porta del destino e della vita”. In Giappone, secondo la filosofia Zen, l’hara, intorno all’ombelico, è il luogo vitale dove hanno sede calma, serenità, equilibrio, consapevolezza e ragione. Nella tradizione induista il punto si trova un po’ più in alto, dove il manipura controlla non solo l’apparato digestivo, ma anche i nostri sogni e le nostre aspirazioni. In Egitto il lavaggio dei visceri per mantenersi sani era un’usanza già dei faraoni. Anche la cultura greca, con Ippocrate, sosteneva che la morte e la malattia nascono dall’intestino. Il passo però decisivo risale al recente 1998 quando Michael Gershon pubblica il suo libro in cui introduce il concetto dell’intestino come secondo cervello, dando così inizio alla nascita della neurogastroenterologia che si occupa dei disturbi psicosomatici legati al malfunzionamento dell’intestino. Grazie a questo sappiamo con certezza che l’intestino è responsabile della produzione del 90 per cento della serotonina , ormone della felicità, e che il cervello ne produce solo il 10 per cento. Non a caso lo sfarfallamento della pancia quando siamo innamorati ci rende felici e al contrario quando abbiamo paura ci provoca quella corsa da centometrista verso il bagno più vicino. La pancia, là sotto, sa dei nostri problemi ma non per qualche strana energia cosmica ma per ragioni biochimiche e neurologiche. Mantenere quindi in salute dall’interno la nostra pancia è la base per poter poi scolpirla all’esterno, perché un addome gonfio, dolente e ribelle non potrà mettersi in riga solo con l’aiuto della muscolatura addominale. Per questo per mantenere la popolazione batterica dell’intestino in equilibrio dobbiamo adottare uno stile di vita corretto, con un adeguato apporto di fibre dal mondo vegetale e di liquidi, non esagerare con i grassi, l’alcol ed i cibi lavorati industrialmente (che occupano la maggior parte degli scaffali nei supermercati) e cosa fondamentale, evitare stress e preoccupazioni prolungati nel tempo. Bisogna poi tenere in considerazione che siamo tutti diversi e ciò che fa bene a me potrebbe far male a te, perciò è necessario ricercare ed eliminare quegli alimenti che non vanno d’accordo con il nostro intestino e ricordare che ciò che mangiamo è la nostra migliore medicina. Naturalmente l’eccezione è sicuramente concessa perché la vita dovrebbe essere condita soprattutto di piaceri, ma facciamo diventare questi piaceri sani e non lamentiamoci poi se la tartaruga rovesciata ci mette un po’ in imbarazzo e ci induce a correre ai ripari solo prima della prova costume.

 

Daniela Giuriato,
Insegnate di pilates e istruttrice di nuoto

Consiglierei a tutte le mamme e i papà di frequentare un corso di acquaticità neonatale solo per poter assaporare il contatto pelle a pelle con il proprio bambino avvolti nell’abbraccio reciproco immersi nell’acqua. Abbraccio che, al di là dei tempi poco propensi a tale pratica, rimane un gesto di primaria importanza per lo sviluppo delle funzioni emotive e cognitive del neonato ma anche del genitore stesso. L’abbraccio toglie la paura e dona sicurezza; ancor di più in un ambiente diverso come lo è l’acqua. Essa pur rimanendo elemento fondamentale per la nostra crescita all’interno del grembo materno e per la nostra vita in seguito, ci diventa estranea appena veniamo al mondo. In acqua insieme alla mamma, ma negli ultimi anni fortunatamente anche con molti papà, il piccolo ritrova quelle sensazioni di accoglienza e protezione che percepiva nel pancione. Imparando a riprendere confidenza con questo elemento che è fonte di energia e sviluppo durante tutto il periodo di endogestazione. da estranea l’acqua verrà accettata e non farà più paura. Nella vita frenetica che siamo ormai abituati a vivere, l’ora di acquaticità diventa un’oasi dove le coccole e il contatto fisico sono l’unica priorità. Mi piace vedere questi genitori emozionati che accompagnano il loro piccolo in questa nuova esperienza, con tutte le loro aspettative, paure, dubbi e a volte anche presunzioni. E mi piace guidarli in questo momento meraviglioso dove è il genitore che impara a far vivere il proprio cucciolo la realtà dell’acqua in maniera spontanea, libera e positiva. Tutti i bambini hanno le stesse potenzialità per poter nuotare da soli per piccoli tratti, già a partire dai 16/18 mesi, quello che fa la differenza è l’atteggiamento che il genitore ha in piscina. I bimbi vivono le nostre paure e le nostre ansie, così come la gioia e la tranquillità. Stare in acqua divertendosi, amando le immersioni, che sono croce e delizia di questi corsi, è l’unico modo per creare dei” piccoli pesciolini che esplorano i fondi marini”, cercando e vedendo la mamma che li aspetta a braccia aperte e che li riempie di baci e di coccole dopo l’apnea acquatica. Naturalmente è fondamentale e imprescindibile adottare la giusta metodologia di insegnamento, perché errori impressi nella memoria motoria diventano poi problematiche da correggere quando si insegneranno in futuro i primi elementi delle varie nuotate. L’approccio a questi corsi inizia di solito con i 4 mesi compiuti, ma si può partire quando si vuole. Le fasce normalmente sono suddivise dai 4 agli 8 mesi, dagli 8 ai 12, dai 12 ai 18 e dai 18 ai 36. Ogni fascia d’età è caratterizzata da specifiche attività ludiche di lavoro, studiate a seconda delle capacità motorie e psichiche del neonato, dove, interagendo con lui e divertendosi, si raggiunge l’obiettivo finale che è l’autonomia in acqua. Tuffarsi dal bordo e raggiungere il papà a pochi metri con il sorriso facendo finta di essere un super eroe, per il bambino è un gioco ma per la realtà è la sicurezza di non aumentare le tristi statistiche degli annegamenti infantili, che purtroppo ancora oggi, sono tra le prime cause di morte nei bambini dopo Hiv e meningite. Nell’abbraccio pelle a pelle in acqua, così come nella vita, c’è tutta la forza della sicurezza che rimarrà nel nostro bambino anche quando non sarà più tra le nostre braccia.

Daniela Giuriato
Insegnate di pilates ed istruttrice di nuoto