Grazie anche alle prolungate chiusure di palestre e centri sportivi, la moda del momento è scolpire i muscoli del proprio corpo attraverso app e siti che propongono esercizi miracolosi per essere all’altezza dei canoni estetici attualmente in vigore. Vorrei in particolare soffermarmi sui muscoli addominali, fondamentali non per poterli esibire scolpiti, ma soprattutto perché hanno delle funzioni vitali. Il primo compito della tartaruga è quella di contenere i visceri che si trovano al suo interno: intestino, stomaco, pancreas, reni, fegato milza, vescica e, nella donna, ovaie e utero, e mi sembra un assembramento assai importante da tenere in considerazione. La seconda funzione è quella della respirazione, dove un lavoro coordinato tra gli addominali permette la discesa e la risalita del diaframma. L’addome funge anche da pompa per il sangue durante la respirazione, da massaggiatore per stimolare gli organi e da attivatore per la diuresi e il transito intestinale. Ci sono molto utili anche per spingere nelle vitali pratiche quotidiane, prima fra tutte l’andare al bagno, per partorire e in momenti particolari per vomitare. Ovviamente servono anche per la funzione a noi più conosciuta e quindi al movimento: muovere le gambe, camminare, flettersi, alzarsi e ruotare. Col tempo, quando ormai il mal di schiena è diventato un ospite indesiderato permanente, si capisce anche che gli addominali sono indispensabili per sorreggere la colonna, renderla più flessibile e mantenerla in salute. Infine, e finalmente, a dare forma al tronco e alla silhouette.
Avere la pancia non è necessariamente sinonimo di qualche chilo di troppo ma spesso, nelle persone giovani e magre è la conseguenza di posture scorrete, di problemi di digestione o addirittura di pratiche sportive errate in cui il rafforzamento degli addominali viene eseguito in maniera scorretta. In termini di esercizio muscolare è necessario evitare tutto quello che spinge l’addome verso il basso e in avanti e rinforzare tutto quello che fa rientrare e risalire i visceri e li stabilizza verso il rachide.
Per fare ciò è importate sapere come sono strutturati questi muscoli. Vi sono tre strati muscolari che hanno azioni diverse e che permettono azioni differenti, possono lavorare separatamente oppure contrarsi simultaneamente. I più profondi sono i trasversi, che sono quelli meno conosciuti ma che mantengono la pancia dentro, poi posti sopra, ci sono gli obliqui interni ed esterni che ci fanno flettere lateralmente e ruotare il busto ed infine il retto, il muscolo più superficiale e conosciuto che permette la flessione in avanti del corpo. Attivare il trasverso durante l’esecuzione degli addominali e nei gesti quotidiani è la cosa più importante, ma più difficile da fare. La pressione addominale che fa uscire la pancia, senza l’attivazione del trasverso, nei classici crunch da palestra è dannosa e non ci aiuta a scolpire questa zona come da manuale. I trasversi lavorano quando espiriamo e quindi è fondamentale partire buttando fuori l’aria attraverso un’espirazione profonda, come quando si soffia per fare le bolle. In questo modo si eviterà di spingere in fuori la pancia con beneficio anche dell’attivazione del pavimento pelvico, altro distretto muscolare importantissimo sul quale ci sarebbe un manuale da scrivere. Gli addominali ipopressivi sono l’unica soluzione alla costruzione di una pancia  “perfetta” e affidarsi ai consigli di istruttori preparati e non improvvisati rimane come sempre una priorità assoluta e necessaria.
La nostra pancia non deve essere solo bella da vedere, ma deve essere soprattutto funzionale perché ci garantisce la salute globale del nostro corpo.

Daniela Giuriato
Insegnante di pilates e istruttrice di nuoto

Maggio ha deciso di fare un regalo a chi non si sentiva ancora pronto per la prova costume, donandoci un mese piuttosto autunnale e quindi ancora al riparo dall’esibire nudità tardo primaverili. Ma al di là della forma estetica, sicuramente da non trascurare, la salute della nostra pancia e nella sua evoluzione della forma, in addominali scolpiti, non dipende solo dall’ esercizio fisico, ma viene soprattutto dall’interno. Infatti un elemento che unisce gli uomini di ogni epoca e latitudine è la consapevolezza che la salute delle viscere sia intrecciata al benessere dell’individuo. Ogni cultura nei secoli ha posto l’attenzione proprio su questa parte, oserei dire magica, del nostro corpo. Nella medicina tradizionale cinese l’area dell’ombelico ospita lo xia dan tian, ovvero la sede dell’energia vitale che si irradia in tutto il corpo. Nella disciplina taoista, il più importante dei 3 punti vitali, il dan tian, è proprio quello a livello della pancia ed è chiamato la “porta del destino e della vita”. In Giappone, secondo la filosofia Zen, l’hara, intorno all’ombelico, è il luogo vitale dove hanno sede calma, serenità, equilibrio, consapevolezza e ragione. Nella tradizione induista il punto si trova un po’ più in alto, dove il manipura controlla non solo l’apparato digestivo, ma anche i nostri sogni e le nostre aspirazioni. In Egitto il lavaggio dei visceri per mantenersi sani era un’usanza già dei faraoni. Anche la cultura greca, con Ippocrate, sosteneva che la morte e la malattia nascono dall’intestino. Il passo però decisivo risale al recente 1998 quando Michael Gershon pubblica il suo libro in cui introduce il concetto dell’intestino come secondo cervello, dando così inizio alla nascita della neurogastroenterologia che si occupa dei disturbi psicosomatici legati al malfunzionamento dell’intestino. Grazie a questo sappiamo con certezza che l’intestino è responsabile della produzione del 90 per cento della serotonina , ormone della felicità, e che il cervello ne produce solo il 10 per cento. Non a caso lo sfarfallamento della pancia quando siamo innamorati ci rende felici e al contrario quando abbiamo paura ci provoca quella corsa da centometrista verso il bagno più vicino. La pancia, là sotto, sa dei nostri problemi ma non per qualche strana energia cosmica ma per ragioni biochimiche e neurologiche. Mantenere quindi in salute dall’interno la nostra pancia è la base per poter poi scolpirla all’esterno, perché un addome gonfio, dolente e ribelle non potrà mettersi in riga solo con l’aiuto della muscolatura addominale. Per questo per mantenere la popolazione batterica dell’intestino in equilibrio dobbiamo adottare uno stile di vita corretto, con un adeguato apporto di fibre dal mondo vegetale e di liquidi, non esagerare con i grassi, l’alcol ed i cibi lavorati industrialmente (che occupano la maggior parte degli scaffali nei supermercati) e cosa fondamentale, evitare stress e preoccupazioni prolungati nel tempo. Bisogna poi tenere in considerazione che siamo tutti diversi e ciò che fa bene a me potrebbe far male a te, perciò è necessario ricercare ed eliminare quegli alimenti che non vanno d’accordo con il nostro intestino e ricordare che ciò che mangiamo è la nostra migliore medicina. Naturalmente l’eccezione è sicuramente concessa perché la vita dovrebbe essere condita soprattutto di piaceri, ma facciamo diventare questi piaceri sani e non lamentiamoci poi se la tartaruga rovesciata ci mette un po’ in imbarazzo e ci induce a correre ai ripari solo prima della prova costume.

 

Daniela Giuriato,
Insegnate di pilates e istruttrice di nuoto

Consiglierei a tutte le mamme e i papà di frequentare un corso di acquaticità neonatale solo per poter assaporare il contatto pelle a pelle con il proprio bambino avvolti nell’abbraccio reciproco immersi nell’acqua. Abbraccio che, al di là dei tempi poco propensi a tale pratica, rimane un gesto di primaria importanza per lo sviluppo delle funzioni emotive e cognitive del neonato ma anche del genitore stesso. L’abbraccio toglie la paura e dona sicurezza; ancor di più in un ambiente diverso come lo è l’acqua. Essa pur rimanendo elemento fondamentale per la nostra crescita all’interno del grembo materno e per la nostra vita in seguito, ci diventa estranea appena veniamo al mondo. In acqua insieme alla mamma, ma negli ultimi anni fortunatamente anche con molti papà, il piccolo ritrova quelle sensazioni di accoglienza e protezione che percepiva nel pancione. Imparando a riprendere confidenza con questo elemento che è fonte di energia e sviluppo durante tutto il periodo di endogestazione. da estranea l’acqua verrà accettata e non farà più paura. Nella vita frenetica che siamo ormai abituati a vivere, l’ora di acquaticità diventa un’oasi dove le coccole e il contatto fisico sono l’unica priorità. Mi piace vedere questi genitori emozionati che accompagnano il loro piccolo in questa nuova esperienza, con tutte le loro aspettative, paure, dubbi e a volte anche presunzioni. E mi piace guidarli in questo momento meraviglioso dove è il genitore che impara a far vivere il proprio cucciolo la realtà dell’acqua in maniera spontanea, libera e positiva. Tutti i bambini hanno le stesse potenzialità per poter nuotare da soli per piccoli tratti, già a partire dai 16/18 mesi, quello che fa la differenza è l’atteggiamento che il genitore ha in piscina. I bimbi vivono le nostre paure e le nostre ansie, così come la gioia e la tranquillità. Stare in acqua divertendosi, amando le immersioni, che sono croce e delizia di questi corsi, è l’unico modo per creare dei” piccoli pesciolini che esplorano i fondi marini”, cercando e vedendo la mamma che li aspetta a braccia aperte e che li riempie di baci e di coccole dopo l’apnea acquatica. Naturalmente è fondamentale e imprescindibile adottare la giusta metodologia di insegnamento, perché errori impressi nella memoria motoria diventano poi problematiche da correggere quando si insegneranno in futuro i primi elementi delle varie nuotate. L’approccio a questi corsi inizia di solito con i 4 mesi compiuti, ma si può partire quando si vuole. Le fasce normalmente sono suddivise dai 4 agli 8 mesi, dagli 8 ai 12, dai 12 ai 18 e dai 18 ai 36. Ogni fascia d’età è caratterizzata da specifiche attività ludiche di lavoro, studiate a seconda delle capacità motorie e psichiche del neonato, dove, interagendo con lui e divertendosi, si raggiunge l’obiettivo finale che è l’autonomia in acqua. Tuffarsi dal bordo e raggiungere il papà a pochi metri con il sorriso facendo finta di essere un super eroe, per il bambino è un gioco ma per la realtà è la sicurezza di non aumentare le tristi statistiche degli annegamenti infantili, che purtroppo ancora oggi, sono tra le prime cause di morte nei bambini dopo Hiv e meningite. Nell’abbraccio pelle a pelle in acqua, così come nella vita, c’è tutta la forza della sicurezza che rimarrà nel nostro bambino anche quando non sarà più tra le nostre braccia.

Daniela Giuriato
Insegnate di pilates ed istruttrice di nuoto

 

Nei miei vent’anni di lavoro con l’attività motoria dei bambini, a partire già dai 4 mesi di età fino ai 10 anni, sono giunta alla conclusione che ogni bimbo ha in sé un infinito potenziale per lo sviluppo delle sue capacità di movimento e di coordinazione e che, nessuno escluso, potrebbe ambire ad una carriera sportiva in quella disciplina alla quale è più portato. Naturalmente non tutti possono diventare dei campioni, perché talento e mentalità vincenti sono regali aggiuntivi che vengono impressi nel nostro DNA. Il problema è, che con il passare del tempo, se queste potenzialità motorie non vengono allenate, si perdono. Non intendo sedute di allenamento per bambini di 3, 4 o 5 anni, ma parlo di stimoli che si trovano a portata di tutti, semplicemente in natura. Per questo nella mia mente da sognatrice seriale, un po’ vintage, immagino un mondo a portata di bambino. Dove gli alberi da scalare, i fossi da saltare, i sassi da lanciare, i prati su cui rotolarsi, le buche da scavare, sono le stazioni di servizio che si incontrano durante il tragitto che si percorre a piedi per tornare da scuola o dall’asilo senza un orologio che impone la fretta del ritorno. Naturalmente nel mio sogno non sono inclusi quei genitori ansiosi mascherati da arbitri che ammoniscono per mani o vestiti sporchi e che mettono in guardia da possibili incidenti che minano oltre che la spontaneità del gesto anche l’autostima del bambino stessoMuoversi è la natura dell’uomo ed in primis del bambino. Tralasciando per un attimo la mia utopia e parlando di dati scientifici, il puro esercizio fisico, che si tratti di sport di squadra, individuali o anche solo di andare fuori a giocare, rende i bimbi più creativi e più attenti quando tornano sui banchi. È sempre più riconosciuto a livello scientifico che l’attività fisica sia determinante per il funzionamento cognitivo e neurale, oltre ad avere benefici fisiologici e psicologici. I risultati di diverse ricerche mostrano come alti livelli di attività fisica migliorino il funzionamento cognitivo e i risultati accademici nei bambini in età scolare. In uno studio del 2014 dell’Università del Nord del Texas, i ricercatori hanno scoperto che l’attività aerobica tra i bambini, ha portato a punteggi più alti nei test di lettura e matematica. Altri scienziati dell’Università dell’Illinois, utilizzando i dati della risonanza magnetica per misurare le dimensioni del cervello, hanno scoperto che i bambini di nove e dieci anni fisicamente attivi avevano un ippocampo più grande dei loro coetanei sedentari e hanno ottenuto punteggi più alti nei test di memoria. Quindi lo sport e in generale il movimento sano e spontaneo aiutano non solo il corpo ma anche tutte le attività cognitive. Sarebbe quindi il caso di rivedere fin dall’ inizio le abitudini all’immobilità in ovetti o passeggini alle quali i bambini sono costretti, per comodità dei genitori, già in tenera età. Un inizio per evitare di vedere bimbi con la paura di fare una semplice capriola in avanti a 4 anni, perché nel mio mondo ideale i bambini li vedo appesi ad un ramo a testa in giù, come facevo io da piccola, ad osservare il mondo che dal rovescio è sicuramente migliore.

Daniela Giuriato,
insegnante di pilates e istruttrice di nuoto 

 

Uomo lungimirante e di intuizioni geniali per i suoi tempi, Joseph Hubertus Pilates, è il fondatore di una delle discipline più richieste dei nostri tempi.
Nato in Germania nel 1883 e morto nel 1967, dichiarava che lo scopo della sua disciplina era di illustrare in forma semplice i motivi dei malesseri fisici del suo tempo e di insegnare come correggere le cattive abitudini. Confidava che le sue idee avrebbero avuto successo nel tempo e così è stato.
L’evoluzione delle conoscenze biomeccaniche e fisiologiche umane attuali, hanno migliorato e perfezionato quello che Pilates voleva insegnarci.

Nato gracile e con svariati problemi di salute, ha provato sulla sua pelle a temprare e rinforzare il suo corpo attraverso l’esercizio fisico mescolando varie discipline: tuffi, sci, subacquea, boxe, atletica, body building e ginnastica acrobatica.
Nel 1912 si trasferisce in Gran Bretagna dove lavora per una scuola di polizia come istruttore di autodifesa.

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale la sua vita cambia.

Dopo essere stato incarcerato per un anno, ma durante il quale continua ad allenarsi, ritorna alla vita, superando l’epidemia di influenza del 1918 e così anche i suoi allievi, nonostante le migliaia di morti in tutta l’Inghilterra.

Con questa forza e convinzione si trasferisce sull’isola di Man dove deve trattare i reduci di guerra. E’ qui che si ingegna per riabilitare i feriti utilizzando delle molle attaccate ai letti d’ospedale ideando i primi macchinari che saranno parte integrante del suo programma: cadillac, reformer, wunda chair e la barrel.

Dopo l’esperienza inglese si trasferisce a New York dove aprirà il suo studio nello stesso edificio della sede del New York City Ballet e dove accoglierà molti ballerini che si affideranno a lui per migliorare le loro prestazioni e riabilitarsi dagli infortuni.

Il suo lavoro si concentra anche su esercizi a corpo libero: il Mat Work.

E’ importante riconoscere l’intuizione di quest’uomo che ha precorso i tempi fornendo indicazioni rilevanti sulla respirazione, l’equilibrio del bacino, della visualizzazione e della mobilità della colonna vertebrale.

Pilates sosteneva che si è giovani quanto è flessibile la nostra colonna vertebrale, nulla di più vero e attuale.

Ciò che differenzia il Pilates da ogni altra disciplina è la costante connessione tra corpo e mente, laddove penso la mia forza, i miei muscoli partiranno per stabilizzare e poi iniziare il movimento.

Il rinforzamento della muscolatura profonda dona una postura corretta ed un equilibrio perfetto tra forza ed elasticità che sono alla base di un corpo armonioso e in salute. Infatti, proprio per questo motivo molti sport, non solo la danza, integrano la loro preparazione con la pratica di questa disciplina.

Per chi intende provare il repertorio Pilates è consigliabile informarsi sulla preparazione degli insegnati perché moltissime sono le scuole di formazione, ma non tutte sono all’altezza di questo compito che va al di là della semplice esecuzione di un movimento e richiedono conoscenze anatomiche approfondite.

Numerose sono le analogie col tempo in cui è vissuto Joseph e i nostri giorni, ma unica è la conclusione: un corpo e una mente che “collaborano” insieme sono la chiave della nostra salute e della nostra sopravvivenza.

Daniela Giuriato,
insegnante di pilates e istruttrice di nuoto 

Arca Wellness allarga il suo carnet di proposte e per la nuova stagione organizza anche corsi “terrestri” di pilates per gli uomini.

Negli ultimi anni il Pilates ha registrato un enorme diffusione in Italia, ma questa disciplina è ben nota e praticata negli Stati Uniti fin dagli anni ’50.
Il termine Pilates deriva dal nome del suo stesso ideatore, il tedesco Joseph Hubertus Pilates (1880-1967), che per tutta la vita ha analizzato le funzioni del corpo, studiando anche i movimenti degli animali, arrivando infine a sviluppare la concezione di un allenamento globale del corpo da praticare su classici materassini da palestra (matwork). In un secondo momento ideò degli speciali attrezzi con cui eseguire gli esercizi. Emigrato negli U.S.A. durante la seconda guerra mondiale, aprì una palestra nello stesso edificio che ospitava il New York City Ballet e molti ballerini si recarono da lui per recuperare infortuni e acquisire maggiore forza e controllo del corpo. Dopo la sua morte la sua opera è stata proseguita soprattutto dalla moglie, abilissima nell’ insegnare le qualità essenziali di ogni movimento.

Ma cos’è il Pilates?
Il metodo Pilates, perché di vero e proprio metodo si tratta, consiste in una serie di esercizi di allungamento e rafforzamento in cui la precisione e la consapevolezza del proprio corpo contribuiscono a rendere migliore il nostro benessere e la nostra forma.
Questo metodo migliora flessibilità, coordinazione, equilibrio e rafforza la zona centrale del corpo, in particolar modo gli addominali e la schiena, rinvigorisce il corpo rendendolo più elastico, più sodo, più snello e aumentandone l’ agilità; stimola il sistema nervoso, favorisce la capacità di concentrazione e infine aumenta la consapevolezza del proprio corpo e per questo Pilates si definisce pure “ Contrology “.